da: rivista “Biofuels, Bioproducts & Biorefining” e "Repubblica"
Abstract: L'articolo si propone di evidenziare come la tecnologia si sta evolvendo per favorire una corretta produzione di biocombustibile. Ricordiamo che attualmente l'equivalente dei carburanti di origine fossile quali benzina e diesel si ottengono da colture vegetali quali, rispettivamente, la canna da zucchero (etanolo, equivalente della benzina) ed il biodiesel (da olio di colza, mais, olio di semi di girasole, etc), Purtroppo, la recente riconversione dell'agricoltura alla coltivazione per usi combustibili invece che alimentari ha prodotto un aumento dei prezzi di grano e mais per uso alimentare. Per ovviare a questo problema si sta pensando di utilizzare altri tipi di piante che abbiano la caratteristica di non essere utilizzate per uso alimentare e che siano coltivabili ove le coltivazioni alimentari non sono convenienti o possibili. Tale scenario impone di ripensare gli impianti di produzione elettrica e termica, che vanno ottimizzati per il tipo di biomassa che si utilizza.
Abstract: L'articolo si propone di evidenziare come la tecnologia si sta evolvendo per favorire una corretta produzione di biocombustibile. Ricordiamo che attualmente l'equivalente dei carburanti di origine fossile quali benzina e diesel si ottengono da colture vegetali quali, rispettivamente, la canna da zucchero (etanolo, equivalente della benzina) ed il biodiesel (da olio di colza, mais, olio di semi di girasole, etc), Purtroppo, la recente riconversione dell'agricoltura alla coltivazione per usi combustibili invece che alimentari ha prodotto un aumento dei prezzi di grano e mais per uso alimentare. Per ovviare a questo problema si sta pensando di utilizzare altri tipi di piante che abbiano la caratteristica di non essere utilizzate per uso alimentare e che siano coltivabili ove le coltivazioni alimentari non sono convenienti o possibili. Tale scenario impone di ripensare gli impianti di produzione elettrica e termica, che vanno ottimizzati per il tipo di biomassa che si utilizza.
Il passaggio ai nuovi impianti avrebbe il vantaggio di ridurre la competizione con il grano destinato ai mercati alimentari e permetterebbe la riutilizzazione di materiali destinati allo smaltimento, come nel caso della paglia.
Le bioraffinerie di seconda generazione – quelle che producono biocombustibili da residui vegetali quali legno, foglie e paglia – si sono proposte per lungo tempo come eredi degli attuali impianti che producono etanolo dal grano, ma finora la tecnologia è stata considerata troppo costosa per essere competitiva.
Tuttavia, i recenti aumenti del prezzo dei cereali hanno reso il divario meno evidente, secondo un recente articolo pubblicato sulla rivista “Biofuels, Bioproducts & Biorefining”.
Il passaggio da una materia prima all’altra avrebbe il grande vantaggio di ridurre la competizione con il grano destinato ai mercati alimentari, umani e non, e permetterebbe la riutilizzazione di materiali destinati allo smaltimento, come nel caso della paglia. Inoltre queste materie prime meno pregiate possono crescere anche in terreni poco adatti ad altri tipi di coltivazioni.Due ricercatori che lavorano presso il Dipartimento di ingegneria meccanica dell’Iowa State University hanno stimato i costi di capitale e operativi della produzione di biocombustibile da materiali ricchi di amido e di cellulosa.Hanno così dimostrato che la differenza tra le due tecnologie è ancora notevole per quanto riguarda l’investimento di capitali, ma anche come essa si riduca fortemente nel costo finale alla pompa.
Oltre a ciò i due studiosi hanno confrontato i due approcci ai biocombustibili, quello biochimico e quello termochimico, evidenziando come entrambi richiedano capitali più ingenti rispetto ai tradizionali impianti per l’etanolo derivato dal grano e che essi sono, dal punto di vista dei costi, sostanzialmente equivalenti.
Le bioraffinerie di seconda generazione – quelle che producono biocombustibili da residui vegetali quali legno, foglie e paglia – si sono proposte per lungo tempo come eredi degli attuali impianti che producono etanolo dal grano, ma finora la tecnologia è stata considerata troppo costosa per essere competitiva.
Tuttavia, i recenti aumenti del prezzo dei cereali hanno reso il divario meno evidente, secondo un recente articolo pubblicato sulla rivista “Biofuels, Bioproducts & Biorefining”.
Il passaggio da una materia prima all’altra avrebbe il grande vantaggio di ridurre la competizione con il grano destinato ai mercati alimentari, umani e non, e permetterebbe la riutilizzazione di materiali destinati allo smaltimento, come nel caso della paglia. Inoltre queste materie prime meno pregiate possono crescere anche in terreni poco adatti ad altri tipi di coltivazioni.Due ricercatori che lavorano presso il Dipartimento di ingegneria meccanica dell’Iowa State University hanno stimato i costi di capitale e operativi della produzione di biocombustibile da materiali ricchi di amido e di cellulosa.Hanno così dimostrato che la differenza tra le due tecnologie è ancora notevole per quanto riguarda l’investimento di capitali, ma anche come essa si riduca fortemente nel costo finale alla pompa.
Oltre a ciò i due studiosi hanno confrontato i due approcci ai biocombustibili, quello biochimico e quello termochimico, evidenziando come entrambi richiedano capitali più ingenti rispetto ai tradizionali impianti per l’etanolo derivato dal grano e che essi sono, dal punto di vista dei costi, sostanzialmente equivalenti.