Il Blog "Un Sogno nel Cassonetto" si propone di pubblicare commenti e referenze di tipo quantitativo e di taglio scientifico rispetto alle tecnologie che si ritiene di maggior impatto nel prossimo futuro. Le tecnologie analizzate si limiteranno prevalentemente agli ambiti ICT (Information and Communication Technology) Energia e Ambiente, nelle sue varie declinazioni ed accezioni.

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sabato 26 aprile 2008

Windbelt: mini eolico senza turbina


Come si fa a produrre energia in luoghi molto poveri e isolati dalla rete elettrica? E’ come l’uovo di Colombo: è semplice, ma ci vuole un’idea geniale.

Come quella di Shawn Frayne, 28 anni, che è stato folgorato dalle immagini dei ponti oscillanti sin da quando frequentava le scuole medie. Avete presente quei lunghi ponti americani che, prima di crollare, oscillano paurosamente come degli elastici? Ecco, quelle immagini lì.

il video

E fu così che il giovane Shawn, ipnotizzato dalle vibrazioni aeroelastiche (aeroelastic flutter) un giorno si disse: perché non usare quelle vibrazioni per produrre energia elettrica? La lampadina gli si accese visitando un villaggio di pescatori haitiano, nell’isola di Petit Anse. Là la rete elettrica non arrivava e per scuole e case si usavano generatori a diesel o kerosene. “Non è possibile” pensò Shawn, e fu così che inventò un eolico senza turbina e a bassissimo costo. Una tecnologia eolica che costa 10 volte meno dell’eolico tradizionale e che è da 10 a 30 volte più efficiente delle migliori microturbine.


Il problema del mini eolico attuale infatti è che non si può restringere la turbina all’infinito: sotto i 50 watt l’attrito causato dai vari componenti delle turbine è eccessivo. Ci sono però molte situazioni, frequenti nei paesi in via di sviluppo, dove il mini eolico farebbe davvero comodo. Come in quelle case con una lampadina e una radio di Petit Anse.

L’idea di Shawn allora è questa: prendere un tessuto e metterlo in tensione come fosse una corda di violino. Il tessuto, esposto al vento, oscillerà come quei ponti di cui si diceva prima. Si otterrà una vibrazione ad alta frequenza da trasformare in elettricità. Come? E’ qui la genialata. Ad ognuno dei due estremi del tessuto vengono posizionati due piccoli magneti rotondi, attratti l’uno dall’altro e separati solo dal tessuto stesso. Le due calamite oscillano all’interno di due bobine di rame e si ottiene così energia elettrica.


Ora Shawn ha perfezionato la sua invenzione, che adesso ha l'aspetto in figura ed è deciso a diffonderla là dove serve. Shawn ha fondato un’impresa, la Humdinger, che sta valutando l’applicazione della sua idea anche su larga scala (con una cinghia enorme). Essendo il processo molto efficiente, non si esclude infatti che l’invenzione possa essere usata per produrre grandi quantitativi di energia.

Ma l’uso che per il momento sembra più promettente riguarda il risparmio energetico nei grandi edifici. Nelle condutture dell’aria di edifici di nuova concezione possono infatti essere inseriti centinaia di piccoli sensori senza fili che rilevano dati come la temperatura e l’umidità e li spediscono al sistema di regolazione termica per ottimizzare i consumi. Il problema è che tutti questi sensori oggi usano batterie. Domani potrebbero sfruttare l’aria delle condutture per auto-alimentarsi.

Lo dicevo io tempo fa che “le grandi idee sono sempre semplici, perché la semplicità è una grande idea”. E infatti costruire un piccolo Windbelt, che tiene accesi 2 LED ed una radio, costa da $1 a $5.

mercoledì 23 aprile 2008

Produrre Biogas in casa

Produrre Biogas in casa, con un digestore messo in cucina e alimentato con i propri scarti umidi: ecologico, sostenibile, conveniente.
Dal Blog di Federico Valerio


Vi ricordate "Ritorno al futuro"? Il divertente film a tre episodi, in circolazione nelle sale alla fine degli anni ottanta, dove sono narrate le incredibili avventure indotte dall'incauto uso di una macchina del tempo?
Nell'episodio ambientato nel 2015, Emmett Brown, lo scienziato che ha ideato la macchina, a corto di carburante, rovista nel cestino dei rifiuti, trova una buccia di banana, la mette ne serbatoio della sua auto e questa riparte come una scheggia grazie alla materia ( la buccia di banana) trasformata in energia.
Ebbene , senza aspettare il 2015, già oggi c'è chi usa proprio una buccia di banana per produrre energia.
A dir la verità, oltre alla buccia di banana, usa anche qualche buccia di papaya, un pò di tortillas secca e qualche altro scarto e con questo "combustibile" ogni giorno, senza effetti speciali, accende il fuoco e fa da mangiare per tutta la famiglia (tre persone).
Dal nome esotico dei "combustibili" avete certamente capito che non siamo in Italia; in effetti questa singolare conversione energetica avviene nel Guatemale, nella piccola città di San Juan Alotenango- Sacatepequez . Questo nome può sembrare inventato ma, credetemi, la storia che vi sto raccontando non è un nuovo romanzo di Marcquez, ma è proprio vera.
Dietro a questo racconto c'è l'Università del Guatemala che ha deciso di dare una risposta operativa ai fabbisogni energetici dei villaggi guatemaltechi e in questo paesino ha realizzato le prime quattro cucine a biogas, alimentate dagli scarti di cucina di altrettante famiglie che per prime hanno aderito al progetto.
Il digestore è fatto da una tanca di polietilene da 750 litri con all'interno (capovolta) una tanca di diametro più piccolo, da 450 litri, che funge da gasometro in quanto si alza e si abbassa, in base al biogas prodotto.
La tanca principale contiene 300 litri di letame di mucca sciolti in circa 600 litri di acqua in cui sono stati aggiunti i microorganismi che fanno il piccolo miracolo energetico di trasformare la banana in metano.
Ogni giorno, si raccolgono tutti gli scarti di cucina, circa mezzo litro, si aggiunge 250 centimetri cubi di acqua e con un frullatore si fa una bella pappetta, si aggiungono altri 750 cc di acqua e il tutto si versa nel digestore. Un pari volume di fango digerito ( 1500 cc, un litro e mezzo) esce dal digestore ed è raccolto con cura perchè è un ottimo fertilizzante da usare nell'attiguo orto.
Quando si deve far da mangiare, si apre la valvola del gas, si accende il fuoco e la famigliola ha disposizione i cento litri di metano che gli servono ogni giorno per cuocere la pasta, prodotto dai 200 grammi di scarti giornalieri che erano stati messi nel digestore qualche decina di giorni prima.

Un primo bilancio di questa esperienza.
Gli impianti funzionano senza inconvenienti, sulla bolletta del gas le famiglie risparmiano circa 100 dollari all'anno, quindi anche senza gli attuali incentivi, l'impianto si paga dopo due anni e mezzo di attività , visti gli ottimi risultati altre famiglie vogliono passare al biogas autoprodotto.
Ci sono poi i vantaggi ambientali: tutto quello che prima era un rifiuto da smaltire ( l'umido putrescibile) è diventata una risorsa a rifiuti zero; per gli orti non sono più necessari concimi chimici e anche la foresta ringrazia, sia per la minore richiesta di legna da ardere, sia per il minor rischio di incendi; la separazione dell'umido si porta dietro anche la separazione e la raccolta differenziata degli altri scarti, che anche in questi remoti villaggi si comincia a fare.
Unico problema, gli odori per niente gradevoli al momento della prima carica di letame e al momento della produzione del primo biogas. Comunque, passato questa prima fase, neanche questo è più un problema in quanto, a regime, la combustione del biogas è inodore.

Un modello di sviluppo da paesi sotto sviluppati? Vedremo! Quello che vi posso dire è che in India, nei nuovi condomini, nei giardini sotto casa ci sono già biodigestori condominiali che funzionano nello stesso modo. Non è uno sfizio ecologista dei condomini ma le scelte obligatorie del piano regolatore.
A quando nei nostri paesi avanzati e spreconi?Se qualcuni di voi vuole approfondire l'argomento e magari autocostruirsi o comprare il biodigestore da giardino il sito è www.arti-india.org